| Della scrittrice Maddalena Santoro non esiste alcuna biografia. Si
            sa solo che nacque a Lecce il 13 dicembre del 1884 – terza
            di sette figli –  da Saverio, avvocato e pubblicista, e da
            Lo Re Maria. Quest’ultima muore quando Maddalena aveva quattordici
            anni. Frequentò il Liceo «G. Palmieri», manifestando
            intelligenza pronta e un notevole trasporto per la creazione letteraria.
            In seguito si trasferì a Milano. Fra le due guerre pubblicò,
            per la casa editrice Bemporad di Firenze, numerosi romanzi di successo: Trasparenze
            femminili, 1923; L’altra, 1924; Così,
            donna, mi piaci!, 1926; Ombre sull’aurora, 1927; L’amore
            ai forti, 1928; Fanatici d’amore, 1930; L’inutile
            gloria, 1932. Scrisse anche poesie: Sulle ali dell’anima.
            Liriche, 1931; Solitudine. Liriche, 1933; e novelle: Scherzi
            di donne. Novelle, 1934; Senza amore, 1935.
            Verso la metà degli anni Trenta si sposò con il conte
            Paolo Alberto Colombini, scrittore specializzato nella letteratura
            per l’infanzia. Sembra sia morta nel 1944.L’amicizia fra Maddalena Santoro e Caterina Tanzarella risale
            probabilmente agli anni in cui frequentavano il liceo classico a
            Lecce.
 Sin dal suo primo romanzo, Trasparenze femminili del 1923,
            la scrittrice salentina trasfonde nei suoi racconti i tratti dell’ideologia
            di appartenenza, filtrati attraverso la sua formazione personale
            che si era nutrita, attraverso la mitologia della belle époque,
            delle donne fatali e dei viveurs, della vita come nobile
            ed eterno passatempo. Questa mitologia, a cui la prima guerra mondiale
            aveva inferto un colpo mortale, sopravvive, tuttavia, nel dopoguerra –  un
            periodo in cui la media e piccola borghesia vede peggiorare le proprie
            condizioni economiche – come cogente rimpianto di gioie e delle
            agiatezze perdute. Questa classe sociale, traumatizzata dai disordini
            del dopoguerra tenta, ed ottiene proprio attraverso il fascismo,
            la restaurazione di un clima nel quale adagiarsi per continuare a
            vivere tranquillamente una vita di lusso e di spensieratezza.
 Le lettere che qui presentiamo si prestano a una duplice lettura:
            da una parte possono essere utili per individuare informazioni sul
            modo in cui era accolta Humanitas nelle redazioni dei giornali milanesi
            e dall’altra per ricostruire il profilo intimo della scrittrice
          salentina (la sua storia d'amore amicizia con Arnaldo Mussolini!).
   Lettera n. 1                                                                                                                                Lecce, 2 – 1 – 1919             Mia carissima Caterina, prima di recarmi a S. Peltro, dove  resterò fino a domenica, penso di scriverti, per ringraziarti della tua lettera  tanto affettuosa e fare a voi tutti, anche in nome dei miei, i migliori augurî  per l’anno nuovo.
 Sono contenta che abbia trovato i  tuoi benissimo, ma ti confesso che sono rimasta molto disillusa, perché avevo  proprio osato sperare che, recandoti in Ostuni, avresti fatto una scappatina a  Lecce o, almeno, a S. Pietro. E pregustavo, avevo già pregustata la gioia della  tua cara visita … sfumata, oramai, chi sa per quanto tempo! Tuttavia, mi è pure  caro sapere che state bene e che non mi dimenticate; e, per conto mio, prometto  a me stessa di venire a trovarvi appena appena appena mi sarà possibile, poiché  vivo sempre col desiderio intenso di rivedervi.
 La mia, anzi la nostra salute è  discreta; anche di Michelino e di Achille si hanno ottime notizie. L’epidemia,  però, esiste ancora, anzi resiste, a Lecce; e dicono siasi nuovamente  accentuata a Roma, ciò che ci fa stare in pensiero per Michelino. Non possiamo  fare altro che confidare nella protezione divina e cercare di farci coraggio!
 Sono rimasta contrariatissima nel  sentire che Pierino è stato a Lecce. Lo avevo tanto atteso e mi sarei  contentata e di andarlo a salutare soltanto alla stazione. Non puoi immaginare  quale disillusione abbiamo avuta tutti. Io cerco di confortarmi, dicendomi che,  forse, quando egli è stato a Lecce, ero a S. Pietro; ma penso, d’altra parte,  che pure al suo passaggio avrei potuto vederlo.
 Pazienza! Ma non tardi a venire  ancora: egli è sempre pronto per i viaggi e può pure fare quello da Mola a  Lecce, che è poi tanto breve.
 Ad Elena non scrivo da parecchio;  spero di poterlo fare da S. Pietro. Tu. Intanto, potendo vederla, me la  saluterai e le dirai che sempre la ricordo.
 Auguro ai piccini tutti, sempre presenti  nel mio cuore, tante cose belle e fulgide, e li bacio lungamente, con immenso  affetto.
 Affezioni a Pierino e a te per  parte di tutti, baci tanti da
             Maddalena         Lettera n. 2                                                                                                                               Lecce,  1 – 3 – 1919 Carissima Caterina,
 sei stata così buona, da  scrivermi pur sentendoti ancora poco bene; ed io te ne sono così grata da non  sapere manifestarti in miglior modo la mia gratitudine che rispondendoti  immediatamente.
 Tutti bene, per fortuna, e nulla  di triste ha causato il mio prolungatissimo silenzio, dovuto soltanto alla vita  disordinata ch’io faccio, trasferendomi continuamente da S. Pietro a Lecce e da  S. Pietro a Lecce e restando in queste o quella dimora sempre più di quanto io  mi sia prefisso, partendo. Così, mi avviene di rimandare al quando sarò a  Lecce, mentre sono a S. Pietro, o di rimandare al quando sarò a S. Pietro  mentre sono a Lecce; e i giorni passano, perciò, quasi senza ch’io stessa me ne  accorga. Per la qual ragione appunto ho scelto questo genere o questo metodo di  vita, che mi fa sembrare, cioè, meno lungo il tempo. Ma ho occasione  d’avvedermi, d’altra parte, ch’esso ha pure i suoi inconvenienti, poiché mi fa  trascurare le amiche buone e carissime come te o di farmele trascurare a … in  apparenza, essendo bene inteso che il pensiero e il cuore non variano né  minimamente si alterano, in qualunque ambiente e in qualunque contingenza,
 Molte cose dovrei risponderti a  proposito dell’“affetto potente”. Ma mi riserbo di farlo in un momento più  opportuno e favorevole, quando, mi auguro, tu potrai rispondermi senza alcun  sottinteso. Per ora immagina che non ti abbia detto nulla e non domandarmi  nulla …
 Ho poi attesa invano la visita di  Pierino; ma mi auguro che con la nuova stagione gli renderà meno noioso il  viaggio e che presto potrò rivederlo.
 Forse dovrò scrivergli fra non  molto; e non dubito che la mia lettera gli farà piacere.
 Mi è molto spiaciuto che tu e  Raffaele siate stati poco bene; ma, del resto, pazienza, purché siate  perfettamente guariti. Si attraversa un periodo così terribile che, davvero,  c’è da ringraziare sempre Iddio, perché ci lascia in vita e buona salute. Anche  a Bari il vaiolo, non è vero? Siamo tanto in pensiero per Achille e la sua  famiglia. E Pierino e Raffaele ci vanno sempre? Lì usino ogni riguardo, per  carità: io ci penso molto, a loro, e prego tanto perché il Signore li protegga  sempre.
 Raffaele studia volentieri? Si fa  così poco nelle scuole, adesso, mi pare. Bacialo per parte mia e digli che  aspetto di sentire ch’egli si fa sempre onore, da bambino intelligente e buono  quale è.
 Ricordami anche agli altri tuoi  piccoli, dai quali il mio pensiero non s’allontana mai, portando io loro,  costantemente, il più tenero affetto. Sono così buoni, così cari i tuoi  simpaticissimi piccini che il loro ricordo si impone, direi, allo spirito.
 Saluta tanto per me la buona  Elena e dille che le scriverò presto; che non la dimentico, in ogni modo, anche  quando non le scrivo.
 E tu voglimi sempre bene, mia  carissima, e dividi i miei baci coi bambini tutti, accogliendo le affezioni dei  miei per te e per Pierino, che io saluto di cuore.
             Maddalena
                                                  Lettera n. 3
                                                                                                      S. Pietro di Vernotico, 20 – 7 – 1919             Mia carissima Caterina,sono qui da venti giorni, durante  i quali mi son recata a Lecce una volta sola, essendosi stati, qui, in grande  agitazione per la grave malattia dell’ultima delle mie alunne. Mi pare di  averti già scritto che ella trovasi, fin dal novembre scorso, a Milano, con D.na  Elisa; e, per disgrazia, s’è ammalata di febbre spagnola e quasi per  miracolo ha potuto salvarsi, tanto è stata grave. Hanno dovuto recarsi, quindi,  a Milano don Nicola con D.na Paolina e hanno pregato me di restare a  far compagnia alle tre ragazze, fino al loro ritorno che mi auguro non si  protrarrà molto ancora. Non so dirti in quanta ansia sia rimasta anch’io che,  naturalmente, voglio tanto bene a Maria come alle altre ragazze. Ma ora, per  fortuna, ogni pericolo è passato e abbiamo dimenticato ieri quasi, per la gioia  della grazia ricevuta, tutte le agitazioni e l’orgasmo degli scorsi giorni.
 Non ho tue notizie da parecchio  tempo, né mi è stato possibile assolutamente scriverti prima, come avrei  desiderato. Spero non tarderai a darmi nuove di voi tutti, che mi auguro stiate  benissimo e che immagino ritirati a Mola. Alla povera Elena nemmeno ho potuto  scrivere fino a questo momento. Mi permetterò, anzi, di scrivere una mia,  raccomandandola alla tua bontà, perché voglia farla avere presto ad Elena, che  avrà dato chi sa quale falsa interpretazione al mio silenzio. Se rimandassi  ancora, finirei per trascurarla, mio malgrado.
 La mia salute è piuttosto buona  ed anche i miei stanno tutti bene. A Lecce parecchi casi, ancora, di febbre  spagnola, come apprenderai dai giornali; e grandi, molte giovani esistenze  prematuramente recise. Sento molto il freddo e non manco di prendere il mio  solito scaldino, specialmente la sera.
 Cosa, questa, che “il libro”  forse non vorrebbe consentirmi, ma che io faccia egualmente. Mentre penso che  tu sarai dello stesso mio parere!
 Raffaele che fa a scuola? Ho  avuto qui, per una settimana, quel tale nipotino di D.na Paolina,  che mi voleva e continua volermi tanto bene. Gli ho fatto un po’ di lezione per  tenerlo in esercizio, giacché egli ha dovuto assentarsi dalla scuola – (I°  ginnasio che frequenta a Lecce) essendo stato raffreddato e soprattutto, penso,  avendo voluto aggirare la sua indisposizione proprio per venire da me. Da lui  ho saputo, così, che si studia molto poco nel ginnasio quest’anno; ed ho pensato che Raffaele si troverà benissimo, senza  affaticarsi. Dammi sue dettagliate notizie e parlami anche degli altri bambini  e di voi tutti, nonché di Maria e della mamma, che spero stiano pure benissimo.  Assicurami che, malgrado il silenzio, mi ricordi sempre come io ti ricordo, e  bacia tanto per me i bambini carissimi che vorrei avere sempre vicini.  Affezioni a Pierino, a te saluti dalla De Marco, e tanti baci da
             Maddalena Lettera n. 4                                                                                                                                Lecce, 27 – 7 – 1919             Carissima Caterina,accolsi, figurati con quanto  piacere, gli augurî tuoi, specialmente perché ti dettero occasione di scusarmi;  dopo tanto tempo, e darmi notizie di voi tutti.
 Pierino non ricordò il mio  onomastico, o forse, anche ricordandolo, non poté o non volle scrivermi e si  contentò di farmi gli augurî in cuor suo, come io fui costretta a fare nella  ricorrenza del suo onomastico, pel gran da fare che ebbi in quei giorni a  Milano.
 Egli, del resto, mi aveva scritto  qualche giorno prima del ventitre, manifestandomi il suo gentile e affettuoso  rammarico per non avermi potuto rivedere a Bari. Ed io stessa non potevo  sperare, perciò, un’altra sua lettera, a così breve scadenza! L’interessante è,  dunque, ch’io abbaia saputo che state tutti bene e che mi serbate il vostro  ricordo e il vostro affetto. E ve ne ringrazio di cuore, sentendomene  meritevole solo perché anch’io vi penso sempre e vi voglio tanto bene.
 Sono contenta che tu sia stata  con i bambini a Ostuni per un po’ di giorni, ben comprendendo quale gioia  abbiano provata anche la buona tua mamma e la carissima Maria.
 Mi sarei fermata per qualche ora  con voi tutte; ne ebbi proprio la tentazione, ispirata dal grandissimo  desiderio che ho di rivedervi e di riabbracciare, specialmente, i bambini,  sempre a me tanto cari. Ma l’ora non era opportuna; avrei dovuto mettermi in  viaggio, poi, in ora più scomoda ancora; e temetti di recarvi disturbo,  specialmente perché il mio avviso avrebbe potuto non giungere neppure in tempo.
 Non ho perduto, però, la speranza  di potervi fare una visita, più o meno lunga o più o meno breve, se non  nell’estate, almeno nell’autunno, a San Materno. E voi mi sopporterete, sono sicura, data la vostra squisita cortesia e la  vostra bontà tanto affettuosa. Soltanto che mi sarebbe piaciuto riabbracciare  mammà e Maria, che non vedo da più lungo tempo ancora.
 Ma sono tanto occupata, adesso;  probabilmente, fra giorni, dovrò mettermi in viaggio per la Basilicata, per  esercitare anche lì il mio apostolato, avendo avuto l’incarico dal Papa di  delegata regionale anche della Basilicata e, forse, della Sicilia e della  Calabria, essendo la Puglia divisa fra tre delegate, ed occorrendo nelle  suddette altre regioni un tipo di delegata energica e attiva come mi hanno  fatto l’onore di definirmi a Milano.
 Poiché anche gli onori sono  castighi di Dio, a me è stato dato un incarico più esteso e complicato che non  quello delle altre sedici rappresentanti d’Italia. A Lecce i successi sono già  cominciati e domenica, 3 agosto, ci sarà l’inaugurazione del primo circolo  giovanile cattolico, che aspetta la mia parola di incoraggiamento. Possa,  davvero, la mia povera opera essere proficua di bene alle giovani anime.
 In salute sto bene, ma il caldo e  il da fare mi hanno sciupata molto; avrei bisogno di riposo. Anche gli altri di  casa discretamente: ti salutano, anzi vi salutiamo tutti. Se Maria è già con  voi, dalle i miei baci; tantissimi ai bambini; saluti affettuosi a Pierino.  Bacioni a te.
             Maddalena  Lettera n. 5                                                                                                                                 Lecce, 28 – 8 – 1919             Mia carissima Caterina,in attesa del domani tanto  sospirato, che mi apporterà, finalmente la felicità di farmi lasciare il letto  in cui giaccio da ventidue giorni,  penso di scriverti per darti mie notizie, a te ringraziandoti che proprio per  miracolo altri non t’ha dato quella della mia morte. Sono ridotta in uno stato  che invano tenterei di descriverti: persino la penna mi riesce pesante, mentre  la testa sente il bisogno di riposare sul cuscino appena appena ho finito di  mettere insieme alla meno peggio quattro parole! Eppure voglio andare avanti:  la sofferenza materiale sarà compensata dal godimento dello spirito, anch’esso  affranto.
 Ho auto, dunque, quotidianamente,  per ventidue giorni consecutivi una febbre violentissima, che ha raggiunto in  parecchie ore del giorno quarantuno gradi e otto decimi. Cinque medici non sono  riusciti a definire la mia malattia che dapprima è stata curata come infezione  malarica, con iniezioni di chinino, dalle quali sono stata, poi, del tutto  rovinata, sia nel sistema nervoso che in altro, e che si son dovute, perciò,  allontanare. Si è fatta l’analisi del sangue due volte; si sono trovati i  globuli rossi così alterati, da essere divenuti, invece che rossi, variopinti e  si sono trovati dei parassiti somiglianti a quelli della malaria ma non uguali  ad essi, somiglianti a quelli del paratifo, ma ad essi neppure eguali. Quindi,  non s’è capito nulla, ed io me ne sono rimasta a letto con la mia febbre e con  le mie sofferenze che nessuno ha saputo alleviare.
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 Ieri fui costretta ad  interrompermi. Oggi sono in piedi, ma mi rimetterò a letto fra non molto,  perché la testa e le gambe non mi reggono,  seppure sia in poltrona, fra tre cuscini. Ho già preso lo strofanto due volte,  perché, si capisce, la grave malattia ha indebolito il mio cuore che ha pure  delle intermittenze. Se starò meglio, appena starò meglio sarò trasportata a Castro, per respirare aria  marina e farmi fare dallo zio delle iniezioni ricostituenti.
 Scrivimi presto e dammi notizie  di tutti voi, che spero stiate benissimo.
 I miei ancora agitati per la mia  malattia, ma contenti di avermi, finalmente, tirata su. Ho una grande paura della  convalescenza. Saluti tanti a Pierino, baci a te, ai cari piccoli
             Maddalena  Lettera n. 6                                                                      Marina di Castro, 27 – 9 – 1919(presso dott. d’Ostuni)
             Carissima Caterina,la spiaggia non offre carta meno  interessante: vorrai, dunque perdonare.
 Sto meglio e mi sono liberata,  finalmente, anche dai decimi di febbre che mi hanno dato tanta noia. Ma ho  ancora bisogno di cure e di riguardi, né riesco a riacquistare la forza e  l’energia di cui avrei bisogno per ricominciare la mia vita di attività che  solleverebbe tanto il mio morale depresso dalla malattia e dagli inevitabili  dolori della vita. Vorrei star bene presto, per poter lasciare questa marina  verso i primi di ottobre o, alpiù, verso la metà dello stesso mese, e mettermi  in viaggio per Roma, alla fine dell’ottobre stesso, per avere nuove istruzioni  e ricominciare i miei lavori. Questa  volta sì, al ritorno da Roma, mi fermerò da te per qualche giorno, o forse per  un giorno solo, a qualunque costo, perché non ne posso più dal desiderio di  riabbracciare te e i bambini e rivedere Pierino.
 Sono qui dal dieci corrente, e,  certo, ho avuto in pochi giorni un notevole miglioramento. C’è da sperare,  quindi, che le cose vadano sempre meglio. Quello che ora mi tormenta è  l’anemia, dalla quale mi viene una debolezza straordinaria, per la quale starei  a letto continuamente, senza parlare e senza sentir parlare perché tutto mi  stanca fino all’esaurimento. Faccio degli enormi sforzi su me stessa per cercare  di vincere tale debolezza, ma anche il sistema nervoso ne risente. Mi pare, in  certi momenti, che debba rimanere sempre così, che non possa più tornare quella  d’una volta: e ne provo immenso rammarico, perché io amo la vita movimentata, e  questa forzata inerzia mi opprime. Figurati che anche lo scrivere mi stanca.
 Dai miei ho buone notizie. Che  loro tutti, almeno, stiano sempre bene per quanto è possibile!
 Mamma e Maria sono con te? Da’  loro, a voce se ci sono, per iscritto se sono andate via, i miei affettuosi  saluti, pregandole di non dimenticarmi.
 E assicurarmi che tutti state  benissimo e che anche i piccoli mi ricordano qualche volta. Se sapessi quando  li penso e come desidero rivederli!
 Tu che fai? Elena è venuta a San  Materno? E’ tanto che non mi scrive, la cattivona! Non sa che sono stata grave  e che se ho dovuto trascurarla non per questo la dimentico?
 Preparatemi una bella focaccia per quando verrò; e se  avete da fare le pulizie, serbatemi pure la mia parte di lavoro. Scrivimi  appena puoi; e abbi con i piccoli tanti baci. Saluti a Piero.
             Maddalena  Lettera n. 7                                                                                                                           Venosa, 14 – 11 – 1919             Carissima Caterina,alle ore sedici, partî, finalmente, quel giorno, da Bari, e giunsi a  Taranto alle venti! Per fortuna mio cugino si fece trovare alla stazione, e,  per sicurezza, aveva già provveduto alla camera e alla cena. Avrebbe voluto,  anzi, condurmi a teatro; ma io ero stanca, e in tenuta tutt’altro da teatro. Perciò preferî dare un’occhiata  collettiva alla città, che mi è molto simpatica, e andarmene subito a letto,  per dormire fino alle tre o poco più.
 A Potenza fui ricevuta benissimo  e mi ci trattenni tre giorni, durante i quali sono stata in continuo  ricevimento. Ho vissuto anche lì un buon numero di storie; e vi tornerò fra  qualche giorno per le nomine delle presidenze.
 Ieri fui a Melfi, ma, essendo  assente il vescovo, non feci che passeggiare, in contemplazione della città che  è pure caratteristica.
 Vi ritornerò, passando per  recarmi a Potenza, A Venosa ho avuto molto da fare. Il Vescovo, leccese, m’ha  voluta con lui ieri e oggi (ti prego di non fare commenti intorno al serbo ….  volere!). Anche qui ritornerò per un paio di giorni ancora. Domani parto per  Matera, dove mi tratterrò fino al diciannove. La contessa m’ha scritto ancora,  impaziente di riavermi con lei. Se hai ricevuto qualche cosa per me,  indirizzala presso la contessa Bevilacqua di Nogasole; ma in tempo, s’intende,  perché giunga finché sarò a Matera.
 Avrei voluto scriverti prima; mi  è stato impossibile; non so, anzi, come faccia a scriverti oggi, colle  condizioni di esaurimento completo in cui mi trovo … per parecchie ragioni che  Maria mia cognata non si perirebbe di illustrarti dettagliatamente; anche per  iscritto, calpestando senza scrupoli il senso dell’opportunità come calpesta la  grammatica!
 Tu come stai? Aspetto notizie a  Matera, e mi auguro saranno buone. Dimmi se vi sete ritirati a Mola, se hai  visto la sposa d’Erario, se c’è stato ricevimento ecc. Dimmi pure se la sposa è  una Bossi e se è maestra; perché, in tal caso, potrei avere esatte informazioni  sul suo conto da un signore di Reggio che ho conosciuto a Potenza e che si  ostina a dire che la sposa è proprio quella a cui allude, mentre a me pare che  i connotati non corrispondano, per quel che ricordo d’aver sentito a Mola anzi  a San Materno.
 Sono senza notizie dei miei, e  perciò di malumore. Spero d’averne domani, prima di partire per Matera,  altrimenti dovrò attendere chi sa quando ancora. Qui il freddo è addirittura  intenso. A Potenza, poi, si era completamente intirizziti. E dire che non posso  mettermi vicino al fuoco, come a San Materno, perché c’è sempre occasione di  uscire e il cambiamento potrebbe essermi micidiale! Ma stasera … ho adocchiato  un bel caminetto, e vorrò vedere … come funziona!
 Saluta tanto Pierino e bacia i  bambini. Bacioni a te
             Maddalena Addolorata andò poi a Manduria?  Temette, dunque, d’essere tirata coi capelli?!Ti prego di ammirare la busta.
 Lettera n. 8                                                                                                                               Lecce, 23 – 12 – 1919Carissima Caterina,
 ti scrissi da Matera una lunga  lettera, poi tornai a scriverti, mi pare, da Venosa, e ti mandai, infine, una  cartolina da Potenza, nella quale ti dicevo d’essere costretta a strozzare il mio viaggio e precipitarmi  a fare ritorno qui, per la malattia, forse non lieve, di Regina. E pregai  m’avessi scritto presto a Lecce e m’avessi, possibilmente, mandato alcuni  numeri di giornale che t’indicavo.
 Ma ho atteso invano, finora,  lettera tua, sicché il tuo silenzio comincia a impensierirmi. Spero stiate  benissimo tutti, ma ti prego bene di  volermene assicurare al più presto.
 Noi tutti bene; trovai Regina  quasi convalescente, ora è del tutto ristabilita. Anche i bambini, grazie a  Dio, assicuro che stanno benissimo.
 In nome di tutti, faccio a te, al  carissimo Pierino, ai bambini tutti, i più affettuosi augurî pel nuovo anno,  nella piena fiducia che passerete il Natale in ottima salute e perfetta  tranquillità di spirito.
 Il mio viaggio è stato molto  interessante e altrettanto proficuo. La marchesa Patrizi mi scrive che è assai assai contenta del mio lavoro.
 Ho ricominciate le gite a S.  Pietro, specialmente per l’inglese; anche a Lecce ho una nuova lezione di  francese: occupo, quindi, il mio tempo abbastanza bene. E mi sento bene anche fisicamente. Nelle vacanze estive  ritornerò in Basilicata e ricomincerò il giro per la Calabria; ma dovrò fare  anche prima qualche breve scappata, e  a Pasqua, finalmente, tornerò a Roma. Tutto ciò mi piace e mi distrae.
 Tu che fai? Siete a Mola,  naturalmente. Vedi Elena? Dalle, potendo, i miei saluti e i miei augurî. Mi  riprometto, anzi, di scriverle prima di Capo d’anno, e le scriverò molto  lungamente, per compensarla, cara Elena, del prolungato silenzio.
 Non è, però, vero, assolutamente,  ch’io non la ricordi sempre: io ricordo costantemente e vivamente le persone  cui voglio bene; le care memorie non si sbiadiscono neppure minimamente  attraverso il tempo; le persone gentili e buone grandeggiano nella lontananza.
 Andrai ad Ostuni? Non potremmo,  avvicinarci così, rivederci? Pierino non avrà occasione prossima di venire a  Lecce?
 Le De Marco mi domandano spesso  di te. Sono state allietate da un  grande avvenimento: la fuga di una  delle damigelle cameriere, che aveva grande fretta di prender marito!! Anche  l’altra è prossima a sposarsi; resteranno, quindi, con la piccola di tredici  anni e saranno costrette a provvedere. Benedetta smania di marito! Addolorata e … calma? Non è poi venuta quella tale sorella a prenderla coi  capelli?!
 Vorrei continuare a scriverti; ma  ho un campanile di lettere cui debbo necessariamente rispondere; e ci penso con  un certo terrore!
 Torno a farti i più affettuosi  augurî e ti bacio di cuore coi bambini, pregandoti di porgere a Pierino il  saluto affettuosissimo di tutti noi.
             Maddalena 
  Lettera n. 9                                                                                                                               Lecce,  17 – 1 – 1920             Carissima Caterina,ho scritto or ora a Maria; scrivo  or ora a te, perché, se mi lasciassi sfuggire questo momento opportuno, chi sa  fino a quando dovrei rimandare.
 Maria mi aveva scritto una lunga  e bella lettera ch’io gradî tanto, specialmente perché pervenutami dopo  lunghissimo silenzio da parte sua e mia, interrotto soltanto, poco prima, da  due cartoline.
 Avrei voluto risponderle subito:  credi che non mi sia stato possibile, perché il via – vai da Lecce a S. Pietro  e da S. Pietro a Lecce assorbisce tutto il mio tempo, lasciandomi appena  l’opportunità di sbrigare la corrispondenza d’affari, enormemente cresciuta e sempre più crescente!
 Tale premessa varrà a  giustificarmi, spero, anche presso di te, cui vorrei scrivere sempre, e che,  invece, sono costretta a trascurare.
 Ebbi la tua carissima, dalla  quale appresi che una precedente tua era andata smarrita. Me ne dolsi  moltissimo. Ricevetti pure, con tanto gradimento, la cartolina dei cari  piccoli, cui avrei voluto rispondere con cartolina almeno, se, come ho detto,  non fossi stata occupatissima e perciò distratta. Vedo con piacere che hanno  fatto progressi tutti, e me ne congratulo con loro, ma anche con te, mammina  amorosissima e brava, che tutta sai dedicarti ai tuoi cari. Sei sicura che se  fossimo vicine, saprei trovare anch’io un’ora della giornata, almeno, da  dedicare ai nostri piccoli amori, per aiutarti in qualche modo ed evitarti dei  fastidi. E’ proprio un peccato che si stia così lontane: la tua compagnia mi  farebbe tanto bene e per conto mio cercherei di esserti, il più possibile,  utile.
 State benissimo tutti, non è  vero? Bene anch’io e i miei cari; benissimo le De Marco, che spesso mi  domandano di te e ti salutano tanto.
 Nell’entrante mese conto di  recarmi a Laterza e a Ginosa, che, come saprai, appartengono all’Arcidiocesi di  Matera. Vorrei fare qualche cosa anche durante l’inverno, altrimenti troverò  poi troppo ammucchiarsi di lavoro. Speriamo che i tempi non siano pessimi!
 Vedendo Elena, salutala per me,  così pure la signora Caterina Morgese.
 A Pierino tante belle cose; a te  da tutti saluti affettuosissimi. Baci anche ai bambini, dai quali voglio essere  sempre ricordata.
             Maddalena  Lettera n. 10                                                                                                                               Milano, 11 – 4 – 1922Via Disciplini, 20
             Carissima Caterina,sono  qui sempre col desiderio di scriverti e soprattutto d’avere notizie vostre.  Tuttavia, quando mi decido a prendere la penna, mi accorgo che il mio desiderio  non s’è tradotto in realtà per parecchio tempo e che tu forse hai trascurato di  scrivermi. Comprendo che il tuo silenzio non è dipeso da dimenticanza, perché  so che io non t’ho dimenticata un giorno solo, eppure non t’ho scritto. Così …  finisco per assolvere entrambe, ricordando l’attenuante delle rispettive  occupazioni, che non sono poche.
 Voglio  sperare che stiate tutti benissimo e vi auguro una felicissima Pasqua, dolente  di non poter venire a godere della vostra compagnia in questi giorni di festa.
 Ho  con me Michelino, da quattro giorni, e, naturalmente, passerà la Pasqua con me.  Avrei voluto anche una delle sorelle. Ma loro non si decidono a viaggiare sole  e presentano sempre un mondo di difficoltà che finiscono per farmi rinunziare  alla loro venuta.
 Ho  sempre speranza di vedere, un giorno o l’altro, Pierino. Quando fui a Lecce, mi  dissero che aveva tenuta una bellissima conferenza, che, per quanto poco  accetta al sesso femminile per il contenuto di essa, era stata, però, molto  apprezzata e degnamente commentata. Io non ho mai la fortuna di sentirlo  parlare! Pare impossibile. Ma mi sono messa in mente, non so perché, che il mio  desiderio potrà realizzarsi, prima o poi, a Milano. Sarebbe proprio il caso che  faceste un viaggetto in questa primavera e mi veniste a trovare tutti e due. Ne  sarei felicissima. Per parecchi mesi io non potrò essere a Lecce e quindi se  non verrete non potrò rivedervi.
 Leggo  sempre l’Humanitas. Ha cura di farmela avere, puntualmente, un  abbonato di qui, che è poi un fervido ammiratore di Pierino, quantunque non lo  conosca personalmente. Si è raccomandato più volte a me, anzi, perché gli  faciliti tale conoscenza. Ma come posso farlo, a tanti chilometri di distanza?  Ti dirò, per non destare la tua curiosità, che egli è il fratello  dell’onorevole Mussolini, ardente repubblicano, come Pierino, o quasi.
 Penso  che forse andrai a passare la Pasqua a casa tua e mi affretto a impostare la  presente, perché ti porti in tempo il mio augurio affettuoso.
 Mi  propongo di scrivere anche a Maria, quantunque ella non m’abbia risposto  l’ultima volta che, dopo lungo periodo di silenzio scambievole, le scrissi.
 Attendo  belle notizie da voi tutti: tante specialmente dai tuoi figlioli, ch’io non so  chiamare e immaginare bambini, quantunque comprenda che almeno Raffaele abbia  dovuto cominciare a sdegnare tale mio improprio appellativo! Mi sarebbe sempre  permesso, però, baciarli tutti, e avere per loro tutta la mia antica tenerezza.
 Addolorata,  dunque, finì per cambiare cielo? Non credo sia stata per te una perdita degna  di rimpianto! Ma come ha potuto staccarsi dai … “bambini?”
 Mi  scrivesti che sono qui due buone signorine di Ostuni. Se sono tue amiche, avrò  tanto piacere di conoscerle. Basterà che tu mi mandi il loro indirizzo o dia  loro il mio.
 Tante  cose a Pierino, a te baci
             Maddalena  Lettera n. 11                                                                                                                               Milano, 30 – 4 – 1923Via P. Maroncelli, 10
             Caterina carissima,sono in pensiero per la mancanza  di tue notizie. E’ tanto, tantissimo che non mi scrivi! A Pasqua, non solo non  mi mandasti gli augurî come negli altri anni, ma non rispondesti neppure, né  hai scritto per assicurarmi di avere ricevuta la fotografia che ti spedî e  intorno alla quale avrei desiderato il giudizio di voi tutti.
 Come mai mi trascuri così? Hai  tanto da fare dunque? Mi auguro che il quotidiano affaticamento sia l’unica ragione del tuo silenzio e oso pregarti  di mandare qualche cosa (non qualcuno!) alla malora, una volta tanto, per  dedicare dieci minuti a me e rassicurarmi intorno alla salute, al benessere di  voi tutti. Siamo intese? Ci conto.
 Io abbastanza bene. Ho avuto un  periodo di intenso lavoro, ma ora c’è un po’ di tregua, e respiro! E’ qui la  Lisetta De Marco e ne sono tanto contenta.
 Le mie condizioni non cambiano.  Del resto, ho vera e propria ripugnanza d’augurarmi che cambino … in bene, perché in tal caso dovrei  augurarmi del male ad altre che non hanno alcuna colpa, e ciò non è, non sarà  mai del mio carattere, dei miei sentimenti, della mia anima. Chiedo soltanto al  Signore che mi dia un po’ di tranquillità spirituale, che mi sottragga a questo  stato di profondo disagio che ho paura debba finire per abbattermi, prostrarmi.  Prega per me e sii sicura che non mi renderò mai indegna del tuo affetto, del  tuo consiglio. E scrivimi. Fammi compagnia da lontano, ché ne ho proprio  bisogno, credi!
 Disponi sempre di me come d’una  affettuosa sorella, saluta Pierino e bacia i ragazzi, tanto cari sempre. Ti  abbraccio
             Maddalena Lettera n. 12                                                                                                                               Milano, 27 – 5 – 1923Via Disciplini, 20
             Carissima Raffaele,è un pezzo, anzi un lungo pezzo,  che mi mancano notizie vostre. Ho scritto più volte alla mamma, ma non ho  ricevuto alcuna risposta. So che papa ha la buona abitudine di tacere sempre, perciò preferisco rivolgermi a te anziché a lui,  augurandomi che tutte le belle qualità abbia da lui attinte, meno … quelle che  riguardano al corrispondenza! E attendo, quindi, da te almeno l’assicurazione  che state benissimo tutti.
 Scusami se ti disturbo in questo  periodo, forse difficile, di preparazione agli esami. Attribuiscine la colpa al  bene che vi voglio e non lasciarmi languire nell’inutile attesa.
 Saluti a papa, baci alla mamma e  a voi tutti, che mi siete sempre vivi nella memoria e nel cuore
             Maddalena Lettera n. 13                                                                                                                                Milano,  4 – 6 – 1923             Carissima Caterina,ricevo in questo momento la tua  lettera, che mentre mi rassicura intorno alla salute di voi tutti, mi mette  nell’anima una spina acutissima, per  la quale, appunto, m’affretto a scriverti.
 Tu avrai già compreso che mi  riferisco alla tua domanda circa lo “stato civile”… Dovrei essere sicura che  quanto a voce ti dissi è esattissimo,  perché mi è stato anche confermato dalla sorella della mia padrona di casa, il  cui marito è capo-ufficio nel municipio di Milano. Dovrei esserne sicura,  ancora, perché circa un anno fa, la signora di cui ti parlai mandò da me delle  persone …. ecclesiastiche, allo scopo  di convincermi a cercare di indurre lui a regolarizzare, almeno pei tre figli, la posizione. E i figli,  infatti, proprio per mio mezzo, anzi solo per mio mezzo, furono legittimati; ché egli non lo fece, senza avermi prima  fatto giurare, su quanto ho di più sacro, che il compimento della cosa, nulla  avrebbe cambiato alla nostra relazione, del resto assolutamente spirituale. Per  ottenere ciò dovetti, anzi, dire che se non m’avesse contentata, avrei lasciato  immediatamente non solo lui, ma anche Milano.
 Date le cattive condizioni di  salute della signora (la quale, tuttavia, son sicurissima vivrà più di me!) io  mi proponevo pure di farla sposare, a costo di sacrificare me stessa  lasciandolo o entrando volontariamente in una posizione falsissima e, secondo  le apparenze, deplorevole. E anche a ciò speravo di riuscire, come son  riuscita, a furia di dirette e indirette insistenze a far battezzare, or non è  molto, i figli di B., la maggiore dei quali ha dodici anni! (sarò stata utile,  almeno, a qualche cosa!).
 La tua domanda, quindi, m’ha  molto turbata, non pel fatto in se stesso, perché, ripeto, io stessa volevo  fare da … intermediaria per la regolarizzazione, sicura che quanto si perde in  questa vita si guadagna nell’altra, e perché quando ci sono dei figli, l’essere  o non essere regolarmente sposato muta pochissimo la brutta condizione delle  cose; ma perché mi spiacerebbe immensamente costatare della falsità, tanto più  strana perché oramai inutile, nella persona che si mostra a me affezionata in  maniera addirittura morbosa.
 Mi rivolgo, perciò, alla tua  sincerità, al tuo affetto, e ti chiedo di farmi subito e francamente sapere se hai motivi concreti di dubitare dello “stato civile” perché io possa  regolarmi e agire secondo - ciò - che sarà necessario. E dico motivi concreti,  perché so che ci sono persone male informate, e delle altre che confondono col  fratello, e delle altre ancora che in buona fede suppongono l’esistenza di una moglie, dal momento che i figli ci sono;  e delle altre, infine, cui a me stessa è riuscito comodo dire che lui è  ammogliato per escludere così la diffusione della nostra relazione amorosa, ripeto tutta sentimentale, e ammettere  soltanto la più semplice amicizia.
 I fatti miei intimi, segreti, li  dico solo a chi come te può comprendermi, e a te solo, infatti, ho detto  dettagliatamente tutto, nella piena convinzione d’averti detto delle verità brutte, ma indiscutibili. Ripeto  dovrei esserne sicura perché il cognato delle mie padrone di casa non può non  essere esattamente informato, né penso, avrebbe ragione di mentire.
 In ogni modo, la mia situazione è  sempre paradossale e dolorosa, così da farmi vivere in continua lotta di  spirito. Andai, giorni or sono, a Caravaggio, dove c’è il santuario di una  Madonna che dicono miracolosa e ch’io pregai, con tutta l’anima di sottrarmi in  una maniera qualsiasi, a questa triste condizione, o di farmi presto morire.  Credi che non è la speranza d’una futura, possibile buona posizione e neppure  un eccesso d’indomabile amore che mi tengono avvinta a lui, così da impedirmi di  lasciarlo, ma è l’attaccamento suo addirittura inconcepibile, pel quale  lasciarlo sarebbe sinonimo di rovinarlo, assolutamente.
 Nemmeno in quel caso, quindi,  riconquisterei la mia tranquillità, perché, libera d’un rimorso, mi procurerei  dei rimorsi forse maggiori.
 E Dio sa ch’io non sono  colpevole, che non mi sarei messa in queste condizioni, se per lunghissimo  tempo non mi fosse stata celata la vera condizione delle cose!
 Ti ringrazio tanto d’avermi dato  occasione d’intrattenermi a lungo con te sul difficile grave argomento, che è  certo la croce che Dio ha voluto darmi, per mettere a prova, forse, i miei  sentimenti, la mia anima.
 Certo che avevo proprio bisogno  d’uno sfogo. Ho qui le De Marco, che, poverine, mi comprendono, mi  incoraggiano, cercano di distrarmi. Rappresentano, esse, l’unico conforto mio.  Lisetta starà ancora qui qualche giorno, poi verrà D. na Elisa, che  pure mi vuol tanto bene. Ma ti assicuro che ho delle ore di profonda tristezza,  che invano tento d’affogare nel lavoro.
 Senza tue notizie mi sentivo più  sola, più triste: perduta!
 Te ne prego ancora, fammi un po’  di buona compagnia da lontano: ne ho tanto bisogno; farai la più gentile opera  di pietà e il Signore vorrà compensartene. Mi dolgo che una tua lettera sia  andata smarrita. Come mai?
 Ne attendo un’altra prestissimo.  Mi raccomando ….
 Lacera subito la presente,  perdonami se t’ho annoiata e bacia per me i ragazzi. Saluti a Pierino, a te  baci.
             Maddalena Lettera n. 14                                                                                                                             Milano,  26 – 7 – 1923             Carissima,sarei stata davvero ingiusta, se  mi fossi offesa o semplicemente mi fossi avuta a male, dei tuo consigli, dei  tuoi avvertimenti affettuosi, ispirati soltanto dal desiderio di farmi del  bene. Questo non devi assolutamente pensarlo, e devi tener presente, anzi, che  ti sono molto grata dell’interesse di sentirmi tranquilla, degli augurî di bene  che mi fai con grande sincerità.
 Non t’ho scritto finora, perché  essendo sempre sovraccarica di lavoro, di pensieri, di noie, di lotte, ho  evitato di turbarti con le mie malinconie e mi son chiusa in me stessa  completamente.
 Nessuna novità, oltre al compimento di quanto in altra mia ti  scrissi. Dimostrato, quindi, così, che nulla esisteva in precedenza, almeno  civilmente, altrimenti sarebbe stato inutile l’atto che ora, e solo per mia  intercessione, è stato compiuto …
 Con ciò non intendo già dire che  la condizione delle mie cose sia meno brutta; ché anzi, per conto mio, trovo  che nessuna differenza esiste naturalmente. E sono, quindi, sempre in travaglio  di spirito.
 Invano cerco di distrarmi,  immergendomi nel lavoro sempre più. Ne ricavo, soltanto, una grande  prostrazione fisica, che vale ad abbattere il morale maggiormente. E poiché non  ho più nemmeno la forza di lottare, mi abbandono alla corrente, non rassegnata,  ma semplicemente affranta.
 Per non scriverti tutto ciò,  avevo serbato finora il silenzio con te, che accogli, tuttavia, le mie  confidenze con tanta affettuosa bontà e che sempre sai trovare per me parole di  conforto.
 Sento che tu comprendi la mia  sofferenza e soffri di essa, perciò cerco di evitare il più possibile il tuo  accomunamento al mio disagio spirituale. Ma ti voglio tutto il bene che meriti,  sempre, e tante volte, tantissime, desidero vivamente averti vicina.
 Ma come mai non siete a San Materno  ancora? Io avrò prestissimo una settimana di vacanza, che andrò a passare,  forse, a Tremezzo, ovvero a Varese. Se pure non preferirò non fermarmi in alcun  posto, e vagare, invece, come vaga il mio spirito.
 Sai una novità? Ho scritto un  libro. Un romanzo, a quanto pare non brutto, perché la Casa editrice Bemporad  l’ha preso, pagandomelo profumatamente. E’ già in pubblicazione. Verrà alla  luce, spero, presto, e naturalmente una fra le primissime copie sarà per te.
 Ho preferito la Bemporad  all’Alpes, perché più importante e più nota anche nell’Italia meridionale.
 Grazie ancora degli augurî a te e  a tutti. Pensami, prega per me e abbiti coi ragazzi tanti baci! Saluti a  Pierino, e saluti a Maria e mamma quando scriverai.
             Maddalena Lettera n. 15                                                                                                                             Milano, 7 – 10 – 1923             Carissima,mi sorprende moltissimo che né tu  né Maria abbiate ricevuto il mio libro, anche perché tu eri segnata in un  primissimo elenco (si trattava di spedire a te, a mio zio e a casa, quindi non  ci si poteva confondere) e Maria era segnata in un secondo elenco, più lungo,  di cui facevano parte altre persone che hanno tutte ricevuto.
 Credo, quindi, che sarebbe  necessario fare ricerche.
 Le mie padrone di casa, poi,  dicono che nel secondo elenco io segnai anche Pierino, con l’indirizzo di  Piazza Ateneo; e sostenevano di ricordarsene perfettamente, nel qual caso, o  l’editore non avrebbe spedito a nessuno di voi (stranissimo, perché non conosce  neppure le relazioni tra l’uno e le altre o tra voi e me) ovvero, strano  egualmente, tutti e tre i volumi sono andati smarriti, mentre che tuttissimi gli altri sono giunti a  destinazione.
 In ogni modo, senza perdersi in  discussioni inutili, domani ti spedirò, con  le mie mani, l’unica copia che avevo tenuta per me. A Maria farò subito  rispedire dall’editore, al quale scriverò in termini vivaci, forse  ingiustamente, o dal quale mi recherò, come sarebbe necessario, fra qualche  giorno.
 Credi che il contrattempo mi ha  addolorata moltissimo, più per me che per voi, s’intende, perché ci avevo  tenuto tanto a mettervi tra i primissimi, e perché tanto mi stava e mi sta a  cuore, più di qualsiasi altro, il giudizio vostro affettuoso e sincero.
 Così pure mi spiace che delle  amiche, certo meno amiche di lei,  abbiano parlato a Maria del mio libro, perché a loro stesse sarà sembrato  strano ch’ella nulla sapesse, che nulla direttamente avessi comunicato a lei,  indubbiamente più delle altre cara.
 Riparerò, ma sono  contrariatissima!
 Nessuna novità speciale ho da comunicarti. Molto della  mia anima ti dirà, più o meno velatamente, il romanzo. A voce parleremo  diffusamente. Conto di essere a Lecce prima di Natale e fermarmi anche per  poco, al ritorno, da te, da voi, che ho tanto tanto desiderio di rivedere.
 Leggi il libro fino all’ultimo  senza annoiarti. Persone molto competenti hanno detto che non si può pronunziare  alcun giudizio prima di aver letto l’ultima pagina! Pare stia piacendo.  L’editore è soddisfatto, tanto che vuol fare un contratto con me per due libri  all’anno. Non so se potrò accettare. I contratti mi piacciono meno che mai in  arte. Quando si è costretti a scrivere, quando si scrive perché si è stati o si  dev’essere pagati, credo non si possa scrivere bene. In ogni modo, quando mi  recherò a Firenze, sentirò e mi regolerò.
 I critici, per ora, non sono  spietati. Vedremo in seguito. Del resto, si sa che per un primo saggio, bisogna  affrontare anche le disapprovazioni, che fino a questo momento, fortunatamente,  mi sono mancate.
 Desidererei sapere da Pierino se  il Meriano che dirige o dirigeva il Resto del Carlino e che ha fatta la critica  del mio libro (Meriano Francesco) è quello stesso che si fece pubblicare, tempo  fa, dei libri da lui.
 Ti ringrazio della premura con la  quale hai risposto al mio espresso, e, assicurandoti del mio costante,  affettuoso ricordo, ti prego dei miei saluti per Pierino, e ti bacio con  Raffaele, Niccolò, Lucio e Gaetano (perché non saprei chiamarli che bambini, e  così, forse, fino all’eternità!) e con mammà e Maria se sono con te.
  Tua Maddalena  Lettera n. 17             Milano,  25 – 11 – 1923             Carissima,tu taci sempre; ma io ti voglio  bene egualmente e più ti penso, forse, quanto meno io stessa ti scrivo.
 Augurî, dunque, infiniti,  affettuosissimi, pel tuo onomastico: augurî di tante belle cose a te, a  Pierino, e specialmente ai tuoi piccoli, il cui avvenire ti sta a cuore più di  tutto.
 State bene? Voglio sperarlo.  Humanitas, però, manca da qualche  giorno, e la sua assenza mi procura una certa preoccupazione. Sono fatta così:  quando mi abituo a riceverla, finisco per non farne più a meno mi rannuvolo,  perché penso che forse Pierino, nel corpo e nello spirito, sta poco bene,  ovvero che starai poco bene, spiritualmente, tu, perché lui mancherà da Mola o  da Bari.
 Ma io soffro un po’…. di morbosa  esagerazione!
 Sto, in salute, piuttosto bene.  Male nello spirito sempre, e forse, oramai, inguaribilmente male!
 Ma non voglio pensarci almeno  mentre scrivo a te, affinché dal ricordo tuo, da voi tutti, mi venga un po’ di  serenità e di gaiezza.
 Sere fa, saltando alle ore 18, fui aggredita alle spalle in una via  solitaria poco lontana da casa, mentre tornavo dall’ufficio, da un brutto ceffo  che evidentemente voleva rubarmi, e che per riuscirci più facilmente non esitò  a darmi un forte pugno dietro la nuca e un altro sulla spalla, che mi fecero  stramazzare per terra stordita. Fortunatamente, però, fui più audace e in un  certo senso anche più forte di lui e … della paura terribile che mi faceva  tremare, dalla quale, forse, attinsi il coraggio necessario per difendermi e  reagire! Non gli detti nulla; o meglio, gli detti, sì, con la forza che voleva  ghermire, un colpo formidabile sulla testa, poi, svincolatami da lui, cominciai  a correre, finché non sopraggiunse qualcuno e lui non fu costretto, a sua  volta, a scappare. Me la sono cavata, quindi, con una buona dose di paura, con  un po’ di male alla testa e alla spalla, ora già passate, e con la rottura  della borsetta, che mi piaceva molto.
 Ma, capirai, debbo ringraziare  Dio, perché poteva capitarmi di peggio!
 Ai miei non ho scritto né  scriverò nulla.
 Sono contenta di saperli tutti  bene e desidero non abbiano preoccupazioni per me.
 Partirò per Lecce la sera del 15  o 16 o 17. Non ho potuto stabilire ancora con esattezza, ma ti avvertirò,  magari telegraficamente, del mio passaggio, affinché, potendo, tu venga a Bari  o a Mola, sicura di farmi piacere, e tanto più piacere se meno brevemente si  potrà stare insieme. Non sono ancora sicura, ma forse Michelino farà il viaggio  con me da Roma a Lecce o da Castellammare a Lecce. Anche lui, senza dubbio, ti  rivedrà, vi rivedrà con piacere. Da casa poi ti avvertirò della mia visita a  Mola, che credo sarà gradita a voi come a me perché mi volete bene come io ve  ne voglio.
 T’ho mandato, mi pare, qualche  giornale con recensione del mio libro; quando mi è parso che quel giornale non  l’avresti tu, diversamente, ricevuto.
 Ti spedisco ora “Il Piemonte” di  Torino, nel quale ha scritto per me un antico collaboratore di Humanitas se non  sbaglio: Giardini. Non molto m’è piaciuta, però, la sua recensione, che pecca  di prolissità.
 Attendo prima della partenza una  tua lunga lettera che mi porti buone notizie di tutti, e salutando Pierino, ti  bacio coi ragazzi, al cui ricordo mi raccomando vivamente.
             Maddalena Lettera n. 18           Milano,  12 – 12 – 1923             Carissima Caterina,da parecchi giorni ho intenzione  e desiderio di scriverti. Credi che non ho potuto prima d’ora (sono le dieci di  sera) trovare il momento opportuno per farlo. Ti mandai nella ricorrenza del  tuo onomastico, una lettera espresso di augurî, alla quale non ricevetti  risposta. Appresi dopo qualche giorno, dal Giornale  d’Italia inviatomi da papà,  la nuova, ingiusta nova toccata Pierino, e compresi la soppressione di Humanitas di cui mi dolevo e mi dolgo.  Fortunatamente altri che mi avevano taciuto il fatto per non addolorarmi sono  stati concordi con me nel deplorarlo, altrimenti avrei fatto una seria lite. A  voce ti dirò i commenti…
 Ti scrivo, intanto, per  avvertirti che lunedì 17 corr. passerò da Bari alle 14,35, se, come spero, non  ci saranno imprevisti. Potendo vederti alla stazione, magari anche di Mola, ne  sarò lietissima, pur dolendomi di farti disturbare.
 Spero che la salute di voi tutti  sia ottima e ti prego dei miei saluti affettuosi per Pierino, inviandoti mille  baci per te e i ragazzi carissimi.
                                                                                                                               Tua Maddalena Lettera n. 19             Lecce,  28 – 12 – 1923             Carissima Caterina,appena un po’ libera, ti scrivo,  desiderosa d’inviare a te, ai tuoi tutti, i più affettuosi augurî per l’anno  nuovo.
 Ho trovato i miei tutti bene,  meno Regina, che è molto sciupata e che oggi soltanto, dopo lungo tempo di  sofferenze, ha potuto concedersi il lusso di una passeggiatina. Voglio  augurarmi che migliori sempre più e che, partendo, possa lasciarla  completamente ristabilita, altrimenti non sarò tranquilla.
 Achille è ripartito per Bari  l’altro ieri, con la famiglia. Siamo, anzi, in pensiero, perché andò via  raffreddatissimo, non avendo voluto per la solita sua melensaggine, trattenersi ventiquattr’ore di più di quelle  concessegli dall’ufficio, e avendo ora noi la preoccupazione che il viaggio  possa aver fatto aumentare il suo malessere. Non ancora la moglie ha trovato  modo di darci notizie. Speriamo bene.
 Ti son grata dell’accoglienza  affettuosa che mi facesti, venendo fino a Bari, e ancora rimpiango di non aver  potuto rivedere Pierino. Speriamo in seguito.
 C’è qui però il probabile  sposalizio di una cugina, che ci tiene ad avermi nel giorno delle sue nozze, le  quali dovrebbero effettuarsi il 23 di gennaio. Nel qual caso io sarei costretta  a differire di sette, otto giorni la mia partenza; e allora, figurati con  quanto rammarico, dovrei dare un addio a S. Pietro e a Mola. Ma la cosa non è  ancora definitivamente stabilita. Tornerò a scrivertene.
 Humanitas, niente. Pierino ne ha  forse sospeso la pubblicazione? Gli auguro di cuore possa mettersi a posto  presto e bene, in tutto, secondo i suoi desideri!
 Ho saputo che costà avete avuto  la neve. Anche qui, ma per poche ore soltanto. Ho pensato al tuo braciere, che io son lontana dal disdegnare, freddolosa come sono  anch’io!
 Se avrai occasione di vedere la  sig.ra Gina, salutala tanto per me, con la famiglia  tutta. E ricordami ad Elena, scandalizzata, forse, dal mio libro, e quindi meno  affettuosa, come del resto, mi pare, anche tua sorella Maria! Pazienza. Non per  questo, però, scriverò, in seguito, per le collegiali o per sacerdoti, che,  puoi esserne sicura, ne sanno più di me e di te e di tutta l’umanità, anche se  la lettura le scandalizza?!
 Dammi quando puoi tue notizie, e  continua volermi bene tu, che veramente mi sei cara e del cui affetto, sì, vale  la pena d’essere lieta, perché esso non muta e non tentenna, come non tentenna  e non muta il mio per te, pei tuoi tutti.
 Mille saluti a Pierino anche per  parte dei miei, a te e ragazzi baci da me e dalle sorelle che sempre ti  ricordano
             Maddalena Lettera n. 20             Lecce,  27 – 1 – 1924             Carissima,alla tua lettera ingiusta, o per  lo meno, troppo severa, risponderò da  Milano.
 Ora ho fretta di comunicarti che  martedì prossimo, 29 corr., passerò da Mola alle ore 14. Se potrai e vorrai  venire alla stazione, ti presenterò mio cugino Adelchi, Lo Re e la moglie Olga,  che mi faranno compagnia fino a Giulianova, e cioè fino a mezzanotte. Avrei  tanto piacere di rivederti, poiché, senza mia colpa, non mi potrò fermare. Ma  d’altra parte, data l’ora incomoda, non vorrei disturbarti.
 Sii sicura, in ogni modo, che  tornando quaggiù, comincerò col fermarmi costà, onde evitare di sembrarti  scortese o poco affettuosa, come questa volta.
 Mille saluti da tutti a tutti,  baci ai ragazzi e a te, che spero mi vorrai bene sempre
 Maddalena
 Lettera n. 21             Milano,  26 – 3 – 1924             Carissima  Caterina,sono in collera  con te, ché alla mia lettera piena d’espansione e di sconforto avresti subito  rispondere.
 Invocai un tuo  scritto come una vera opera di pietà,  ma tu hai preferito tacere, e ne sono dolentissima.
 Fui, dopo  quella lettera, gravemente malata per più di due settimane. Una imprevista e  pericolosa recrudescenza del male interno che due anni or sono, e pel quale  anche questa volta ho sofferto quanto non si può concepire.
 Ma, come ti  avevo scritto in quella tale lettera rimasta senza risposta, io avevo chiesto a  Dio la grazia di far guarire le altre,  a costo di far ammalare e magari morire me; e si vede che il chiedere certe grazie  è pericoloso e peccaminoso!
 In ogni modo,  ora sono convalescente e non voglio più pensare alle sofferenze subite.
 M’auguro,  intanto, che tutti voi stiate bene; e ti pregherei di rassicurarmi subito, se  non fossi abituata all’inefficacia delle mie preghiere, che pare vengano esaudite solo quando racchiudano una  punizione, una sofferenza nuova.
 Tieni presente,  in ogni modo, che il tuo silenzio cresce il mio sconforto, e regolati come  credi ….
 Certo, io ti  voglio bene egualmente e sempre te ne vorrò. Neppure insisterò più presso  Pierino per la recensione del mio libro su Humanitas. Comprendo che questo,  specialmente, non è il momento opportuno. Ma confesso che avrei voluto non  essere trascurata proprio da lui.
 I miei, per  fortuna, tutti bene. Regina, anzi, scrive di passare un periodo di grande  floridezza. Puoi immaginare come ne sia contenta.
 E mammà? E  Maria?
 Desidererei  anche notizie loro. Ma … non oso!
 Saluta per me  Pierino ed abbiti coi piccoli (anche se siano grandi) i miei più affettuosi  baci
             Maddalena Lettera n. 22             Milano,  16 – 5 – 1924             Carissima  Caterina,sono stata  parecchio tempo fuori di Milano, dove son tornata, ristabilita, solo da qualche  giorno.
 Il 25 corrente  mi trasferirò in via Vicentina 44, dove avrò l’opportunità d’avere uno studio  che mi permetterà di lavorare più liberamente anche quando non sarò in ufficio,  e dove, nell’insieme, starò meglio che qui.
 Mi rincresce,  naturalmente, lasciare queste padrone di casa, che sono state sempre con me  molto affettuose, ma si è dovuto fare, come suol dirsi, di necessità virtù,  perché loro, dopo l’enorme aumento di fitto, hanno creduto di unirsi con la  sorella maritata. D’altra parte, in via Vicentina avrò come padrona di casa una  persona molto per bene (non certo affittacamere, perché avrà me sola), una  signorina quarantenne molto bene educata e di famiglia abbastanza distinta,  presso la quale, due anni or sono, io fui per più d’un mese, a Bologna.
 Il mio lavoro è  sempre assillante, e non me ne dolgo, perché mi è di grande distrazione.
 Il mio secondo  libro è già avanti. Vorrei consegnarlo all’editore verso i primi di luglio,  affinché, possibilmente, possa pubblicarlo nel settembre, come l’altro. Vedremo.
 Di te, di voi,  nulla ho più saputo. Spero stiate benissimo. I miei, per fortuna, tutti bene.
 Accade da un  po’di tempo un equivoco poco  simpatico. Giunge qui, in via Disciplini, l’Humanitas indirizzata al comm.  Arnaldo Muss.
 Non comprendo  come possa avvenire ciò. Sarebbe strano anche se quella che dovrebbe essere la  mia andasse, invece, al Popolo d’Italia, ma in un certo senso potrebbe essere  spiegabile.
 Invece, no. A  me nulla giunge. Quella del comm. Viene spedita in via Disciplini 20. Come mai?
 Domandane a  Pierino e raccomandagli di affrettarsi a provvedere per la regolarizzazione  della cosa.
 In attesa di  buone notizie, ti bacio coi ragazzi tutti, salutamelo Pierino col solito  affetto
             Maddalena   Lettera n. 23             Milano, 9 – 7 – 1924             Carissima  Caterina,quanto silenzio  vero?
 Anche tu, però,  taci e taci! Perché? Sto bene, come ti testimonierà la fotografia che ti  accludo, somigliantissima. Sto bene, e … sorrido. Tu, sempre affettuosissima,  ne sarai certo lieta. Quando si sorride, anche senza importanti e spiccate  ragioni, vuol dire che si è tranquilli. E io sono tranquilla, infatti, dacché  mi sono imposto d’esserlo.
 Ho finito di  scrivere il mio secondo romanzo, che, sottoposto ad un primo esame, ha avuto  parere favorevolissimo. Non so quando potrò consegnarlo all’editore, e quando  l’editore potrà pubblicarmelo. Ma l’importante è che sia finito e che a me  stessa, in complesso, piaccia. Speriamo che non siano gli altri a bocciarmelo!
 Nessuna altra  novità. A Milano calma perfetta, nonostante le minacce, le nere previsioni, i  sottintesi dei vari giornalisti, che pare abbiano fatto a gara, in questi  giorni, nello spacciare bubbole, a  secondo dei propri intereressi o comodi.
 La gente per  bene e serena, ha deplorato con tutta l’anima il delitto Matteotti, come aveva  deplorato i tantissimi altri commessi da questo o da quel partito; ma è seccata  oramai, dalle dispute, dalle polemiche, quasi tutte personalmente interessate;  e la stessa vedova e la stessa madre desolatissime dichiarano di esserne  stanche.
 Perciò, mentre  i diversi partiti si sgolano, predicendo cadute, salite, guerre, rivoluzioni,  la gente va pacificamente a teatro, al caffè, ai giardini pubblici; e i  giornali oramai pesanti per la loro monotonia, restano ammucchiati nelle  edicole, e il governo lavora, tacendo ….. Il silenzio è d’oro per tutti. Credo  che quello di Mussolini sia, specialmente questa volta, di ….. brillanti.
 Ma lasciamo  andare.
 Desidero sapere  che voi tutti state benissimo, e mi sarebbe pure gradito conoscere l’esito  scolastico dei tuoi intelligenti ragazzi.
 Sei o andrai a  San Materno? E Mamma? E Maria? Anche di loro dimmi qualche cosa.
 Mi sono rimessa in corrispondenza – certo, molto  poco assidua – con Nina  d’Erario, che dopo aver letto il mio libro, mi scrisse una lettera piena di  entusiasmo che pareva sincero. Quanto alla sincerità, tu, forse, ne saprai più  di me; e sarò lieta se potrai dirmene qualche cosa. Mi ha poi mandato una sua  fotografia, che ricambierò.
 Non mi dilungo  ancora, avendo tanto da fare. I miei benissimo tutti.
 Scrivimi  presto, saluta Pierino e abbiti coi ragazzi tanti baci
             Maddalena Lettera n. 24            Milano, 22 – 11 – 1924             Carissima  Caterina,non posso  rimproverarti il lungo, lunghissimo silenzio, perché a tua volta tu dovresti  rimproverare a me il medesimo … peccato!
 Ti faccio  osservare, però:
 1° che io sono  stata l’ultima a scrivere;
 2° che ho  sempre tanto da fare, così da sentire la stanchezza proprio in quelle ore che  si chiamerebbero di riposo;
 3° che son  sola, mentre tu potresti, per esempio, chiedere qualche volta l’aiuto di Pierino o di Raffaele, almeno,  per rassicurarmi intorno alla salute di voi tutti e chiedere nuove della mia.
 Per fortuna c’è  Humanitas, con la quale sono sempre imbronciata per quello che contiene, ma che  ha, tuttavia, attraverso i bronci, le mie accoglienze più affettuose, perché mi  porta, almeno, l’assicurazione dell’attività di Pierino, e quindi della sua  buona salute, e quindi, direi complessivamente, anche della vostra.
 Ma basta coi  rimproveri, ché io ti scrivo, oggi, per farti, invece, degli augurî. I più  fervidi, i più affettuosi che il mio cuore sappia fare.
 Hanno suonato  alla porta, ed io, sola in casa, ho voluto completare il periodo prima di  andare ad aprire. La portinaia, che mi ha consegnato il tuo espresso, è rimasta  meravigliata della mia prolungatissima acclamazione!
 Dunque, ho  letto quanto mi hai scritto, quanto ho ricevuto in un momento di supremo  desiderio, che cercavo, appunto, d’esternarti. E confesso che ho provata vera e  grande commozione nel ritrovarti,  dopo tanto tempo, nel sentire, attraverso le tue buone parole, che mi vuoi bene  ancora.
 Ma è mai  possibile, dunque, che le tue lettere vadano sempre smarrite? Non comprendo  davvero come ciò accada. Non ricevo nulla di tuo da due mesi e forse più. Anzi  certamente più, perché anch’io non  scrivo da un pezzo, eppure nell’ultima mia mi lamentavo del tuo silenzio.  Dunque?
 In ogni modo,  ora sono contenta, perché la tua carissima m’ha rassicurata; e te ne ringrazio.
 Non posso  descriverti la sensazione di piacere, anzi di dolcezza che ho provata,  nell’apprendere che Gaetano fa il primo ginnasio. Il piccolo Gaetano, che  talvolta si addormentava con la testina sulle mie ginocchia, che mi voleva tutto il suo bene (oh felicissima  apprensione, che non dimentico!) il piccolino bello dagli occhioni già pieni di  pensiero comincia, dunque, a studiare il latino?
 Non importa che  ciò mi ricordi il passare degli anni, non certo per me piacevole. L’idea che  Gaetano fa il primo ginnasio mi commuove e mi dà un attimo di gioia profonda. E  gli altri così bene a posto tutti; e Raffaele al primo liceo di già. Consenti  che me la goda con tutta l’anima. I tuoi bambini, ch’io non so chiamare che  così, mi pare siano un po’ anche i miei, perché tanto bene ho voluto loro  quando erano piccolini, perché non dimentico i loro vezzi gioiosi, le loro  intelligenti espressioni, la loro simpaticissima espansività; e attraverso il  tempo, attraverso la lontananza non sento affievolire di un atomo solo la mia  tenerezza per queste tue, e un po’ anche mie, creature.
 Io sto bene? In  verità non molto. La sofferenza intestinale pare sia divenuta cronica. Per poco  che mangi qualcosa di meno leggero, per poco che mi strapazzi, i dolori, il  disordine, mi riprendono.
 Debbo stare  sempre in guardia, di tanto in tanto non posso sottrarmi a dei periodi acuti,  con settimane di febbre e di sofferenze.
 Non scrivo di  ciò a casa, perché papa e gli altri non stiano in pensiero: ché, tanto, non  potrebbero rimediare.
 Il medico dice  che col tempo passerà e che debbo rassegnarmi ad essere molto prudente. Ma non  comprendo quale estensione gli dia alla parola tempo!
 Pazienza. Direi  che ho finito per abituarmici e che vado avanti, perciò, con rassegnazione.
 Tu, che sei  tanto buona, prega per la mia salute e pel mio spirito.
 Novità nessuna.  Le altre malate stanno molto meglio …. E non voglio accorarmene. Non sono  proprio io il tipo adatto per augurare o aspettare il male di chicchessia. Tu  mi conosci bene.
 Lunedì dovrò  recarmi a Firenze per la correzione del mio romanzo, che si chiama “L’altra”,  Spero (l’editore dice certo) che  verrà alla luce prima di Natale.
 Vorrei, venendo  costà – credo dal 15 al 20 dicembre – lasciarlo già completo.
 Bemporad dice  che è migliore dell’altro. Voglio augurarmi che sia nel vero.
 Puoi creder se  non sarai fra le primissime ad  averlo. Mi dolgo, piuttosto, che tu possa metterlo in dubbio. Nessuna nuova  amicizia può toglierti un solo atomo d’affetto. Nessuna, non lo dico per  complimento che sarebbe sciocco, ha la tua bontà e la tua espansione, così da  ispirare l’affetto che tu ispiri.
 Se da Mola  passerò di giorno, non mancherò d’avvertirtene, per vederti, possibilmente,  alla stazione.
 In ogni modo,  sta’ sicura che non tornerò a Milano senza avervi riveduti tutti. Dovrò fare,  quest’anno, il giro di Roma, perché costretta a fare un’ultima capatina a  Firenze prima di venire costà.
 Dell’altro  libro ti posso dire che ha avuto grande successo. Il direttore dell’Italia,  quotidiano degli Stati Uniti, me lo ha già chiesto per pubblicarlo nella sua  appendice. M’hanno consigliato di farmelo pagare bene.
 Anche di ciò  dovrò parlare col mio editore. Ho già avuto molto introito e tantissime ottime  recensioni. Son sicura ne sarai contenta.
 Saluti  tantissimi a Pierino. A te e ai ragazzi affettuosi baci; augurî ancora
 Maddalena
 Lettera n. 25            Lecce, 23 – 1 – 1925             Carissima  Caterina,Giunsi qui il  18 dicembre alle 11 di sera. Perciò non credetti d’avvertire del mio passaggio né te né Achille, che poi ho  rivisto, con la famiglia qui, durante le feste natalizie.
 La dimora a  Lecce, che avrebbe dovuto essere immancabilmente d’un mese, sotto pena di grave  punizione (!), anche quest’anno s’è prolungata, mio malgrado, perché la solita  influenza è venuta a felicitarmi proprio negli ultimi giorni, dopo avermi dato  noia, a metà vacanza, per circa una settimana.
 Ora sto meglio,  ma non del tutto bene, e devo decidermi, tuttavia, a partire lunedì. Passerò da  Mola alle ore 14 e 28: in un momento, cioè, poco opportuno e che non  m’incoraggia, perciò, a pregarti di andare alla stazione. Tuttavia, non posso  fare a meno d’avvertirtene … non posso fare a meno di sperare che verrai, che  ti vedrò.
 Ma non voglio  rendermi noiosa, pesante, perciò non insisto.
 Spero stiate  tutti bene. Qui, molta influenza, cui Pippi ed Dolores non hanno potuto neppur  loro sottrarsi. Regina è sempre molto sciupata e sofferente anche per l’occhio.  Non partirò tranquilla.
 Andrò a Roma,  dove mi fermerò due tre giorni, per salutare la fidanzata di Michelino,  simpatica e distinta signorina romana, che sarà mia cognata verso la metà o la  fine di febbraio. Non potendo in quell’epoca assentarmi nuovamente da Milano,  ho deciso di recarmi a Roma spezzando il viaggio, e dare, così, ai prossimi  sposi i migliori augurî, a me un po’ di sosta e di riposo.
 “L’altra” non  mi è stato ancora spedito da Firenze. Pure, quando venni a Lecce, doveva essere  soltanto impaginato. Ma pare che la puntualità non sia più di moda!
 Bacia per me i  ragazzi e saluta per noi tutti Pierino. Abbiti le affezioni dalle mie sorelle e  tanti baci dalla tua
 Maddalena Lettera n. 26             Milano, 13 – 3 – 1925Via Vicentina, 44
             Carissima  Caterina,ti sei  addormentata? Non mi scrivi proprio di proposito, per punirmi della mancata  promessa di breve soggiorno a Mola, ovvero non stai bene, non sei tranquilla,  hai qualche cosa che ti assorbe?
 Confesso che il  tuo silenzio mi dà pensiero.
 Tutte le  persone, le poche persone, cui mandai il mio libro quando lo mandai a te  (questa volta impostandolo, raccomandato, di persona) hanno risposto d’averlo  già letto. Tu non mi hai mandati il più piccolo cenno di ricezione; proprio tu,  cui maggiormente io tenevo, per la sincerità del giudizio.
 Ripeto ancora  che non so che cosa pensare. E poiché oggi, appunto, mi capita di sapere che  già due volte le De Marco m’hanno scritto senza ricevere risposta, mentre nulla  io ho ricevuto, poiché seppi ancora, nella scorsa settimana, d’una lettera  dispersa, comincio a dubitare che tu pure m’abbia scritto e che la tua abbia  subito eguale sorte delle altre smarrite. Manderò un accenno agli uffici  postali e darò una mancia al mio fattorino, per la loro diligenza.
 Ma tu scrivimi,  almeno per rassicurarmi. Che qualche cosa si sia smarrita, pazienza; farò di  necessità virtù e mi rassegnerò all’irrimediabile; ma che tu stia bene, che  stiate bene tutti, e che non abbiate animo di togliermi il vostro affetto!
 Una rivista di  Firenze, un giornale di Roma, uno di Genova, uno di Spezia, hanno portato delle  lusinghiere recensioni del mio “L’altra”. Qualcuno ha pure pubblicato il mio  cliché. Ma io non li ho raccolti, perché sono stata in questi giorni in grande  ansia per Regina, che s’è operata, e puoi immaginare se abbia avuto voglia di  pensare ad altro; meno che mai agli onori!
 Fortunatamente,  la mia cara sorella ora sta meglio, e credo che, una volta liberatasi dalle  gravi sofferenze che l’occhio le procurava, guadagnerà anche nelle generali  condizioni fisiche. Né, con l’occhio artificiale, perderà in estetica, perché,  oramai, il suo occhio era diventato  tale, da fare compassione addirittura! In ogni modo, certe cose procurano  sempre dolore, ed io ho sofferto ancora più, perché lontana e sola.
 Scrivimi  presto, sii buona, abbiti coi ragazzi i miei baci più affettuosi. A Pierino il  mio saluto cordialissimo
             Maddalena  Lettera n. 27              Milano, 1 – 4 – 1925             Carissima  Caterina,ho gradito la  tua lettera, perché m’ha portato vostre notizie, che oramai quasi disperavo di  potere attendere ancora.
 Sono spiacente  della tua indisposizione e desidero saperti presto ristabilita. Ma non desidero,  però, sapere che tu mi scriva solo per strettissimo dovere di cortesia, quando  proprio non puoi farne a meno; ché, in tal caso, preferisco il silenzio, certo  più doloroso, ma meno mortificante e umiliante.
 Non sono stata  “tanto cattiva con te” da demeritare il tuo affetto; ma so benissimo che  l’affetto non si può imporre e che il suo principio e la sua fine dipendono,  spesso, da tante piccole cose, che anche volendo, non si riuscirebbe a  definire.
 Né io ho  l’abitudine di chiedere a nessuno, mai, perché non mi voglia più bene, tanto  meno ho l’abitudine di chiedere che mi voglia bene, quando non sente di  volermene abbastanza.
 Dunque: se  cattiveria tale da farmi demeritare il tuo affetto tu consideri la mia mancata  venuta a Mola, hai torto, assolutamente torto. Sai bene che almeno per qualche  ora avrei voluto fermarmici, quantunque (mi piace essere sincera) tu non avessi  fatta alcuna insistenza in proposito, durante il mio soggiorno a Lecce.
 Ma ebbi negli  ultimi giorni un’ostinata influenza, che mi costrinse a prolungare la vacanza;  e persino dovetti, agli ultimi momenti, differire, di qualche ora la partenza,  perché volevo sentire il parere dell’oculista intorno a Regina, e l’oculista,  per disgrazia, il giorno precedente mancava da Lecce e non sarebbe tornato che  alle dodici del giorno successivo.
 Nessuna  cattiveria, dunque, da mia parte nei tuoi riguardi. Il fatto che neppure  Achille aveva potuto ottenere di trattenermi con lui qualche ora a Bari avrebbe  dovuto essere sufficiente a farmi ottenere la tua indulgenza.
 Non ho compreso  a chi o a che cosa tu abbia voluto alludere, parlando “di spiaggia ligure e di  ville sui laghi”. Posso, però, assicurarti che tutte le persone che mi onorano  di loro amicizia sono “degne di riguardo”, altrimenti sarei io a non onorarle di amicizia mia.
 E del resto,  frequento così poco, luoghi e persone, che persino Bemporad mi ha più volte  rimproverata del ritiro poco adatto  ad una scrittrice, e che, secondo lui, può anche nuocere ai miei lavori.
 Quanto poi al  mio libro, confesso che tu sei stata la prima, e credo sarai l’ultima, a  giudicarlo fonte di corruzione! Se si  descrive il male, anzi se si accenna al male, come nel mio caso, solo per far  risaltare meglio il bene, la morale non soltanto è salva, è profonda. D’altra  parte, nella mia vita materialismo e sentimento s’incontrano sempre, qualche  volta anche si fondono; e i libri sarebbero freddi, privi di efficace  interessamento, se dalla vita non sapessero trarre i diversi, più chiari  aspetti; sarebbero vuoti se si basassero sull’inverosimile e non sapessero  racchiudere quel caldo soffio di umanità, che già parecchi critici riscontrano  nei miei.
 Nessuna  recensione hai letta?
 Già parecchie,  e tutte buone, ne ho avute: a Firenze, a Genova, a Catania a Spezia; in diversi  giornali e riviste. Qualcuno ha pubblicato anche la mia fotografia, che ieri  m’è stata chiesta anche dal direttore di Lidel, simpatica rivista milanese. E  l’editore mi scriveva appunto ieri che da Genova, Firenze, da Rimini e da Lecce  hanno chiesto nelle librerie nuovi invio di volumi.
 Non vorrai,  spero, attribuire al mio ultimo romanzo un generosismo che non esiste!
 Immagino come  si scandalizzerebbe Maria, se lo  leggesse; lei che persino l’altro giudicò troppo spinto!
 Ma appunto per  questo io mi sono ben guardata dal mandarglielo e tu ti guarderai bene da  farglielo leggere! Dovrebbe, per lo meno, saltare qualche pagina, e ci sarebbe egualmente pericolo, forse, di corruzione.  Tanto, Anna Vertua Gentile c’è ancora per tutti! Ti pare?
 A parte gli  scherzi, io respingo la tua accusa fatta al mio libro, del quale non sono, moralmente parlando, minimamente  scontenta.
 Credo che tu  l’abbia letto in condizioni d’animo non favorevoli a me, perciò sarai stata  troppo severa nel giudicarlo. D’altra parte, è anche vero che quando a una  persona si vuol bene, tante cose si preferirebbe non sentirle da lei: non ci si  sa astrarre, leggendolo, a quella critica, direi interessata, che non può  essere, in un certo senso, serena. Le tue considerazioni, infatti, io me le  aspettavo piuttosto dai miei; e ho trovato strano che non me le abbiano fatte.
 Ma si deve  ricordare che non si scrive soltanto per le persone che ci conoscono, poiché  quelle che leggono e che non ci conoscono sono in maggior numero; e perché,  anzi, più che per gli altri, noto e ignoti; si scrive per sé stessa, per  impulso, per bisogno, senza attese e senza scopi.
 Come vedi, sono  stata sincera anch’io completamente. Ti voglio sempre tanto bene. E per questo  appunto non ti prego di scrivermi presto. Ti prego, invece, di scrivermi solo  se senti di poterlo fare con piacere e con tutto l’antico affetto immutato.
 Saluti a  Pierino, baci a te e ai ragazzi.
             Maddalena  Lettera n. 28            Milano, 24 – 7 – 1925             Carissima  Caterina,ti son proprio  grata della bella lettera, degli augurî affettuosi, delle care, dettagliate  notizie che mi dai di voi tutti.
 Mi par di  rivivere, leggendo le tue lettere, un po’ della nostra vita; e resto più serena, più gaia, credi, per tutta la  giornata.
 Faccio ai  piccoli le mie congratulazioni più vere pel buon esito degli esami, e mi  soffermo un po’ col pensiero su Raffaele, già alunno di 2a liceale,  nonostante io mi ostini a chiamarlo piccolo, non sapendo e non potendo  concepirlo che tale!
 Quanto a  Pierino, non gli serbo rancore per la mancata risposta. Non ne attendevo da  lui: poteva il mio desiderio formale sperare, ma comprendevo, d’altra parte,  che le sue cure professionali gli avrebbero impedita, almeno, la sollecitudine.  In qualunque tempo possa giungere la sua lettera sarà sempre tanto gradita. E  accetterò, intanto, con riconoscenza, la sua buona intenzione, serbandogli  tutto il mio affetto.
 Come avrai ben  compreso, il caldo mi fa molto soffrire. Spero potermi recare, verso i primi di  agosto, a Como, in una villetta che la mia padrona di casa ha presa in affitto  per un anno, e che mi permetterà di respirare aria libera, pur venendo tutti i  giorni a Milano pel mio da fare.
 Ho tanto  lavoro, … ho cominciato un altro romanzo che, son sicurissima, ti piacerà,  questo sì, per intero. Non dico ciò  per stupida presunzione, ma perché credo di interpretare, scrivendo, il tuo  gusto e il tuo desiderio.
 M’auguro di non  ingannarmi.
 “L’altra” ha  sempre ottime recensioni. “Vita femminile” di Roma, ha, nel numero di  luglio-agosto, una lusinghiera critica, e porta anche la mia fotografia.  Dall’editore ricevo spesso buoni introiti.  In complesso, dunque, tutto bene.
 Comincio a  diventar vecchia, e questo mi spiace, sì, fino a un certo punto! Ho male alle  braccia tutte le notti: reumatismo è sinonimo di vecchiaia! Comincio oggi,  appunto, dei massaggi, che spero vorranno giovarmi.
 I miei, grazie  a Dio, tutti bene, compresa Regina, che mi dicono perfettamente ristabilita.
 Sono stata a  Trieste, che mi è piaciuta molto. Il viaggio è stato tanto interessante. Al  ritorno, ho fatto Trieste-Venezia in piroscafo per provare anche l’emozione del  mare. Ma nessuna emozione ho provata, o almeno nessun senso di paura, quasi  avessi viaggiato sempre in piroscafo, così!
 Nessun’altra  notevole novità. Mi permetto spedire ai bambini pochi dolci in compenso del  buon esito degli esami.
 Spero mi  perdonerai tale familiarità.
 Dammi notizie  di tanto in tanto e voglimi bene sempre. Anche nel silenzio, ti son sempre  vicina. Saluti a tutti, a te baci
             Maddalena  Non sapevo che  Addolorata fosse nuovamente con te. Ma brava, dunque! Ricambio i suoi saluti.   Lettera n. 29              Milano,  28 – 10 – 1925             Carissima  Caterina,avevo già  manifestato a Pierino, in una lunga lettera che spero avrà, parecchi giorni or  sono ricevuta, il mio rammarico per l’indegna persecuzione cui è fatto segno.  Debbo, però, aggiungere, ch’essa dovrà, molto probabilmente, attribuirsi alla  vigliaccheria di pochi malviventi di costà, che con la politica, o per lo meno  con la pura politica c’entreranno come i cavoli a merenda!
 Persona ch’io  conosco, e che ti sarà facile comprendere chi sia … si mostrò addirittura  sdegnata del trattamento che a tuo marito si usa costà; e ne parlò, anzi,  facendo le sue più vive rimostranze, a Caradonna, facendogli notare che le  personalità politiche locali hanno il dovere di evitare o severamente punire  certe vigliaccate. Caradonna rispose che, veramente, il maggiore responsabile  dovrebbe essere Crollalanza, ma che anche lui, in ogni modo, se ne sarebbe  occupato, avendo la convinzione che Pierino P. è uno dei primi patrioti, non  delle Puglie, ma dell’Italia, oltre che perfetto gentiluomo, e merita perciò,  il rispetto di qualunque partito. La persona che gliene parlava / e che mi ha  riferito il colloquio esattamente / disse che di ciò essendo persuaso, e  avendo, inoltre, una particolare, sebbene non manifestabile simpatia, per  Piero, teneva moltissimo a che gli si fosse fatta giustizia.
 Puoi immaginare  quanto addolori anche me questo antipatico insieme di cose che turba delle  persone meritevoli di ogni riguardo, come voi siete, e cui io sono legata da  profondi vincoli d’affetto, che nella lontananza e nel tempo non potranno,  attraverso qualsiasi vicenda, affievolirsi. Per ciò faccio voti con tutta  l’anima per la vostra più completa e rosea serenità.
 Di me che cosa  posso dirti? Salute discreta. Farò quella tale, piccola ma ugualmente  fastidiosa operazione, verso i primi di novembre. Mi assicurano che non resterà  cicatrice. In ogni modo ci tengo fino a un certo punto.
 Nulla di nuovo.  Mi sanificai completamente, l’anno scorso, appena di ritorno qui. E sentî,  dopo, maggiore tranquillità di coscienza. In seguito, naturalmente, tutto s’è  ridotto a lontani rapporti amichevoli, quantunque il sentimento resista. Non ho  e non voglio avere speranze. Oramai, del resto, ho la convinzione che meglio  sia, per me e per tutti, che le cose rimangano così. Cerco d’affogare il mio  turbamento nel lavoro. Qualche volta prego, ma più per gli altri che per me,  che attendo un po’ di pace, piuttosto, dalle preghiere di papa mio, ignaro, e  dalle tue, che, sono sicurissima, sai comprendere i miei bisogni, sai leggere  nella mia anima, e sai … non dimenticare di raccomandarmi a Dio.
 Finirò, spero,  prima di venire in Puglia, il nuovo romanzo che credo ti piacerà, ma che non potrà  venire alla luce prima di aprile. Esso rappresenterà, direi, il corollario  degli altri due. Poi darò ai miei scritti e a me stessa un indirizzo nuovo.
 Non so quando  passerò da Bari – ma, approssimativamente, nella solita epoca. Non mancherò di  avvertirtene, figurati! La decisione dipenderà da Michelino, che vorrà fare il  viaggio in compagnia insieme alla moglie. Io, quindi, dovrei recarmi a Roma; e  di là partire con loro se, come spero, non vi saranno imprevisti. Conoscerai,  quindi, la nuova cognata, che non è bella ma fine: non paragonabile  intellettualmente e spiritualmente all’altra che rappresenta il chiodo mio e dei miei … pur essendo, in  fondo, buona.
 Saluta Pierino  e abbiti coi ragazzi i mie baci affettuosi
             Maddalena Lettera n. 30              Como, 23  – 9 – 1928             Carissima  Caterina,ero quasi  imbronciata con te pel tuo lungo silenzio, quasi per caso, da una lettera di  Mariannina Leliù, son venuta ad apprendere la morte della povera, tanto buona  signora Gina e la disgrazia che ha colpito l’ottimo avv. Vittorio!
 Ne sono  vivamente addolorata, per loro, che ho sempre ricordati con sincera simpatia,  pei ragazzi disgraziatissima, le cui condizioni è facile comprendere, per  Pierino e per te, sempre così affettuosi con tutti e quindi colpiti in pieno  dalla duplice, tragica sventura!
 Ed essa è,  veramente, così penosa e così grande, che nulla e nessuno, all’infuori d’una  forza veramente superiore, può valere a mitigarla!
 Per questo io  sono veramente umiliata di non saper trovare per voi tutti altre parole, oltre  quelle che possono bastare a farvi credere alla vivissima parte che la mia  anima prende a tanta disgrazia.
 E non voglio,  d’altra parte, sottrarre a te neppure cinque minuti di quel tempo che oramai  più prezioso, perché impiegato nella missione d’una rinnovata maternità; che  sempre più t’eleva e ti fa meritare la mia ammirazione devota, oltre che il mio  affetto costante.
 Dio t’aiuti, ti  protegga e ti rimuneri della tua delicata opera di dedizione e di bontà  infinita.
 Voglio  augurarmi che la salute di voi tutti sia ottima. Non oso chiedertene la  conferma; ma se uno dei tuoi figlioli fosse così gentile da mandarmi almeno  lui, in tuo nome, una parola di ricordo e di tranquillità, gliene sarei molto  grata. E intendo ch’io desidero buone notizie anche nei riguardi della tua  mamma, di Maria, dei tuoi tutti, cui faccio sempre tanti augurî di bene.
 La mia salute è  ottima. Ho fatto un interessante viaggio turistico di una quindicina di giorni,  nell’Alto Adige. Ho avuto grandi soddisfazioni da “L’amore ai forti” e mi sono  già accinta all’inizio d’un nuovo lavoro.
 A Milano (via  Boscovic, 4) sarò nell’entrante settimana.
 T’ho detto di  me, sapendo che mi vuoi bene e accogli sempre con piacere le mie buone notizie.  Compatiscimi se esse ti giungono poco opportune!
 Tante tante  cose a Pierino e ai ragazzi tutti. A te un abbraccio pieno di affetto
             Maddalena  Lettera n. 31              Genova  23 – 8 – 29 – VII             Carissima  Caterina,son qui per  qualche giorno, che spezzerò con una breve parentesi a Pompei; dove condurrò  con me Ginevra; ci fermeremo per poco a Napoli; poi torneremo qui; ed io vi  aspetterò fino al primo di settembre.
 Flavia temo che  vuol condurmi con lei a Montecassino. Tutto ciò sarà fatto rapidamente, perché  verso il giorno 10 di settembre io dovrò ritrovarmi a Milano.
 Ho trovato tutti  in buona salute; anche Regina relativamente bene, e già abituata come le altre,  alla nuova residenza.
 Loro hanno  saputo da me che Raffaele compie i suoi studî a Roma, e mi hanno fatta premura  di scriverti, per pregarti di volere invitare il tuo caro e nostro figliuolo a  voler considerare questa nostra casa come  sua; quindi venirci tutte le volte che può farlo, in qualunque ora e per  qualunque cosa; ripeto, considerando d’avere nelle mie sorelle, nei miei  fratelli, in me, quando ci sono, una sua famiglia, che sarà molto lieta di  mettergli a disposizione per tutto ciò che potrà essergli utile e gradito.
 Spero non  vorrai negarmi il piacere di sperare nel tuo consenso e in quello di Pierino,  nonché della buona volontà di Raffaele voler contentare le mie sorelle e i miei  fratelli, che desiderano averlo spesso con loro e mettersi, ripeto, a sua  disposizione per quanto possa fargli piacere.
 M’auguro stiate  tutti benissimo, e mi compiaccio immaginarvi nella serena e deliziosa pace di  San Materno, che fa parte dei miei ricordi più simpatici e più cari.
 Scrivimi mentre  son qui (via Germanico, 109) e saluta affettuosamente Pierino, per me e per  tutti.
 Io ti  abbraccio, anche in nome delle sorelle, e t’abbraccio coi ragazzi, sebbene  siano giovanotti! Per me sempre bambini: specialmente Gaetano che metterà in  comodino i vetri che gli hanno ferito le manine imprudenti!
 Con affetto  sempre
 Maddalena  Lettera n. 32             Brunate,  30 –             Carissima Caterina,era mio programma di comunicare a tutti … a fatto  compiuto. Ma vedo che con te non è possibile. Sappi, dunque, che il 7 d’agosto  il Vescovo di Mantova mi unirà in matrimonio col conte Paolo Alberto Colombini,  scrittore specializzato nella letteratura per l’infanzia.
 Da più di un anno egli aveva tale intenzione, che non  era, però, da me condivisa. Da alcuni mesi, però, ho finito per persuadermi che  essendo egli un gentiluomo d’intelligenza, di cultura, di bontà, e avendo  dimostrato d’avere per me un sentimento solido e profondo, io non potrò che  ricavare dalla sua compagnia che del sollievo spirituale, che gioverà alla mia  solitudine.
 Sono sicura che tale notizia ti farà piacere, ed è per  questo che non mi sento, assolutamente, di comunicartelo nella forma di  prammatica con la quale lo comunicherò, dopo, agli altri.
 Si sottintende che tutto sarà fatto nella più assoluta  intimità, con l’intervento dei soli, indispensabili testimoni.
 Dopo andremo al mare, nella Toscana sua patria; ma la  stabile residenza comune resta a Milano, in via Conservatorio, n. 17.
 Qui mi fermerò fino al 5.
 Sperando stiate bene tutti, ti abbraccio con vivo  affetto, pregandoti dei miei saluti e di tante belle cose per Pierino e tutti
             Maddalena Lettera n. 33             Milano,  25 – nov. – 1938             Carissima  Caterina,guardo il  calendario, e mi rimprovero! ... Che stordita! Gli augurî per il tuo onomastico  ti giungeranno in ritardo. Ma mi scuserai, vero? E li accetterai egualmente;  specie perché essi non vogliono seguire una consuetudine o una tradizione, ma  soltanto darti prova del mio affettuoso ricordo. Perché, del resto, per  augurare tanto bene e tanta felicità a te e a voi tutti, io non aspetto, certo,  le festive ricorrenze, essendo sempre vivo in me il desiderio di sapervi  felici.
 Come state,  dunque? Spero, benissimo. E’ tanto che mi mancano vostre notizie; ed io sono  così disorientata, che non riesco a trovare il momento opportuno per  chiedervene, pur avendovi nel cuore (mi devi credere) sempre sempre.
 Disorientata,  ho detto, intendendo riferirmi ai disturbi che da quattro anni, oramai, tengono  sospesa sulla mia testa …. o sulla mia vita la famosa spada di Damocle!
 Anche la  seconda applicazione di radio (che i miei di Roma ignorano) è rimasta  infruttuosa.
 Dieci giorni  fa, dopo una delle oramai frequenti crisi di dolori, che coronano … il resto,  andai a Bologna con Paolo Alberto, per un consulto … fuori zona!
 I due  professori consultati furono d’accordo nel dire che se, dal principio, mi  avessero fatto l’operazione radicale, forse a quest’ora, anzi certo, non se ne  parlerebbe più, perché io avrei riacquistata in pieno salute e tranquillità.  Ora … l’operazione potrebbe rappresentare un pericolo, dopo tanti tentativi  inutili, che hanno maggiormente irrita la parte; e quindi, bisogna contentarsi  di qualche calmante e di qualche emostatico e andare avanti … affidandosi a  Dio! Puoi immaginare, quindi, con quale allegria io segua queste dolorose  vicende, e come meriti d’essere perdonata anche quando appaio colpevole di  trascuratezza o d’oblio!
 Da qualche  giorno, per indicazione di una signora amica, faccio degli impacchi d’argilla  umida e tiepida, che mi danno un senso di sollievo.
 Non potrebbe  essere questo empirico rimedio ad  avere il sopravvento sulle tante complicazioni dei ginecologi? Andiamo avanti  sperando!
 E tu scusami se  ti ho così lungamente annoiata con questa mia tutt’altro che allegra!
 Attraverso la  lontananza, a dispetto del tempo che passa e del silenzio che lo rende più  freddo e più lungo, io ti sento sorella sempre!
 Tira fuori  anche tu le tue esculapiche nozioni, e cerca di venire in mio aiuto col tuo  consiglio!
 Saluti tanti a  voi tutti da mio marito. Affettuosità mie ai tuoi, un abbraccio a te
             Maddalena              |